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Pronto soccorso psicologico

PRONTO SOCCORSO PSICOLOGICO

L’amore non era riuscito a spegnere l’odio, è riuscito solo a respingerlo nell’inconscio, dove esso, al riparo dell’azione demolitrice della coscienza, può vivere e perfino crescere” S.Freud

Accade assai spesso alla persona, alla coppia e alla famiglia di sperimentare un disagio percepito come totale e paralizzante. Il vissuto di dolore può in alcuni casi risultare impossibile da sopportare. Questo male psicologico sovrastante può essere scatenato da eventi associati che richiamano a crisi e disequilibri a volte inevitabilmente improvvisi, come lutti o disastri esistenziali.

Altre volte però sembra che le cause del dolore terribile non siano poi tanto evidenti alla persona stessa e agli altri prossimi, lasciando così nello sconcerto familiari ed amici che non sanno farsene una ragione di tanta disperazione espressa in comportamenti ritenuti irrazionali, disadattavi e incomprensibili.

Molti eventi, che possono costituire veri e propri traumi o essere considerati altamente stressanti, sono direttamente collegati alle fasi evolutive di transizione, come: adolescenza, uscita da casa, creazione di un nuovo nucleo familiare, seconda e terza età, ecc…Esistono infatti nel ciclo dell’esistenza periodi più sensibili in cui la persona, la coppia e la famiglia sono esposti a maggiore vulnerabilità biopsichica. Si pensi alla reazione emotiva di un adolescente, con forti bisogni affettivi pregressi frustrati, rispetto all’interruzione o al termine di una relazione intima o alle risposte irrazionali ed incontrollate che tristemente, assai spesso, degenerano all’interno della relazione di coppia o in famiglia.

Il dolore intollerabile a sua volta produce impulsi ostili e distruttivi rivolti al sé, all’altro o scaricati in specifici sistemi sociali.

Il dolore insostenibile comporta una sorta di regressione primitiva. Secondo Freud (Metapsicologia. Pulsioni e loro destini, 1915) il presentarsi di dispiacere e di conseguente ostilità esistono presumibilmente fin dall’inizio della vita, mentre quello di piacere sembra svilupparsi solo in un secondo tempo. Ne consegue che il principio del piacere s’instaura solo dopo che si è realizzato un certo grado di strutturazione psichica. Si deve prima manifestare una capacità di rielaborazione psichica, che si formerebbe attorno ai 2 mesi di vita, quando di norma compare la risposta del sorriso (Meynard, 2006).

In questo contesto teorico è facile comprendere come gran parte dei comportamenti distruttivi osservati appaino come agglomerati di un antecedente sentimento primitivo, mentre l’amore, con la tenerezza, delicatezza e comprensione che comporta, viene comunemente posto ad un livello evolutivo superiore (Nielsen, 2011). Green scrive che “Il fatto di rendersi conto che l’oggetto non è una parte dell’io e che, di conseguenza, non è neppure a disposizione  di esso, genera, in modo del tutto naturale, l’odio”. (Psicoanalisi degli stati limite, 1991).

In questa epoca di forte espansione e tensione comunicativa multimediale in cui solitudine e qualcosa come di sinistro si mescolano agli affetti e agli equivoci relazionali, si registra un sensibile aumento di sintomi forzati al limite. Sono cresciuti gli attacchi di panico, i dolori psicosomatici, episodi d’ansia o di depressione, lutti, incidenti, mobbing, bullismo, crisi relazionali, senso di vuoto, aggressioni ecc… La persona sente di non riuscire da sola a gestire la situazione e il rischio per la vita aumenta portando anche ad esiti nefasti.

In questo mese di Aprile 2019 ha estremamente colpito e amareggiato la notizia di un pensionato disabile  di 66 anni, di Manduria a Taranto, morto a seguito di torture perpetrate in anni da una gang composta per la maggior parte da minorenni. I giornali parlano di ragazzi normali, ma violenti per noia. Violenza anche commessa in strada davanti a testimoni e filmata per gli amatoriali del web, perché irridere è sempre più bello, se si è in tanti a farlo… rende complici nella “medesima fuga dalla noia”. Ora per questa gang si chiede una pena che sia esemplare. Pare che la teoria ecologica dei sistemi di Urie Brofenbrenner, tanto accreditata, alla resa dei conti “non se la sfanghi nessuno” e si passi direttamente alla “logica della ghigliottina”, anche se a Manduria tutti sapevano. Antonio Cosimo Stano si era arreso, ma prima di farlo, aveva gridato in strada la sua richiesta di aiuto.

https://www.youtube.com/watch?v=EhSW2snbmyY

La persona che soffre di un dolore totale sviluppa un’intolleranza verso la realtà circostante, la sua realtà quotidiana, con gli oggetti che vi appartengono. Dissimulare diventa impossibile e l’individuo può regredire in stati di odio diretti contro il Sé o gli oggetti odiati. La persona si sente minacciata dalla fantasia della propria distruzione. La mancanza di appagamento proveniente dall’esterno, a causa di oggetti traditori ed abusanti, porta al desiderio di distruzione dell’unica realtà a cui si delega la funzione riparatrice. Tutto questo accade non senza segnali strepitosi, ma anche silenti, di crollo emotivo. Sono segnali che richiedono attenzione, vere e proprie richieste d’aiuto.

Se si digita su internet Pronto Soccorso Psicologico si trovano sul web alcune recenti iniziative di supporto tramite sedute brevi anche online. Alcuni sono progetti finanziati dal ministero e si ripropongono di diffondere il servizio in ampia scala sul territorio italiano. Questi pionieri del supporto all’emergenza emotiva hanno senz’altro il merito di avere risposto per primi ad un’urgenza sociale che pare sempre più in aumento. Altro merito è quello di sensibilizzare tutti i professionisti della salute psicologica, me compresa, a fornire, nel limite delle possibilità di ognuno, anche un servizio di accoglienza delle richieste urgenti, dovute al dolore psicologico insostenibile.

A COSA SERVE LA PSICOLOGIA?

In senso generale, La PSICOLOGIA è la scienza che studia il comportamento umano, le cause e gli scopi che lo determinano, con la finalità di promuovere il miglioramento della qualità della vita. Il termine "psicologia" deriva dal greco psyché (ψυχή)= spirito, anima e da logos (λόγος)] discorso, studio. La parola quindi rimanda allo studio dello spirito o dell'anima che nell’antichità aveva prioritariamente una funzione conoscitiva.

La Cena del Disagio di Paola Magini

Essa, infatti, prende origine da alcuni importanti filosofi greci come Platone e Aristotele. che avviarono la riflessione su concetti quali “anima”, il “mondo delle idee” e “trasformazione”(potenza-atto). L’uso del termine, introdotto durante il XVI secolo, probabilmente da Filippo Melantone e i suoi discepoli, rimase immutato fino al XVII secolo, quando assunse la nuova connotazione di "scienza della mente". Nonostante i numerosi sforzi di filosofi come Cartesio René DescartesThomas Hobbes e John Locke, queste ricerche non diedero ancora vita ad una psicologia intesa come materia scientifica.

 

SVIPUPPO EVOLUTIVO DEL SIGNIFICATO

L'inizio della storia della psicologia, come disciplina autonoma, viene convenzionalmente fissato nella seconda metà dell'Ottocento, quando l'indagine psicologica si aprì ai metodi delle scienze naturali (Wundt, 1879). Mediante lo studio dell’”esperienza immediata” Wundt ed altri, giunsero ad indagare, col metodo scientifico, i tempi di reazione, l’attenzione e le associazioni mentali. Altro fondamentale contributo fu la concettualizzazione di “psicologia senz’anima” del filosofo Brentano adatta a tracciare un nuovo statuto epistemologico alla questa matertia, azzerando così variabili che ancora non potevano essere misurate e adottando il criterio di “esperienza intenzionale”. Nel 900 si avvia una psicologia intesa come studio scientifico della mente che ha come oggetto conoscitivo il comportamento direttamente osservabile.

 

COMPORTAMENTO

In sintesi per comportamento oggi si intende l’insieme di tutti i processi mentali operazionalizzabili (consci e inconsci), trai quali:

  1. Attenzione, Percezione, Memoria, Apprendimento, Motivazione, Pensiero, Decisione, Emozioni, Linguaggio, Comunicazione, personalità e Intelligenza

La cui conoscenza operazionale, in termini di formazione e sviluppo lungo l’arco della vita, permette di:

  1. Ampliare ed estendere la conoscenza ad altri nuovi fenomeni (comportamenti) legati all’individuo, ai gruppi, alle organizzazioni e alle diverse comunità sociali.
  2. Differenziare tra comportamenti funzionali e disfunzionali
  3. Sperimentare ed attuare trattamenti di cura in ambito clinico
  4. Sperimentare ed attuare progetti e interventi di riduzione del disagio sociale, familiare, scolastico e lavorativo
  5. Contribuire allo sviluppo sociale, economico e tecnologico
  6. Migliorare i servizi di sostegno e tutela alla persona e al cittadino.

 

TEORIA ED APPLICAZIONE, DIFFERENZE

Per rispondere però con precisione alla domanda: “A cosa serve la psicologia?” Innanzitutto bisogna definire quali possono essere gli obiettivi di un determinato intervento psicologico rispetto ad un inquadramento teorico di riferimento.

La formazione accademica in psicologia comprende, infatti, due percorsi.  Il primo è definito da un corso triennale di apprendimento più prettamente teorico in cui si acquisiscono le conoscenze delle più importanti teorie psicologiche attraverso cui interpretare i dati che emergono dalle osservazioni naturalistiche o empiriche e quelle basate sulla ricerca scientifica. Le discipline teoriche si dividono in: 1- studio delle più importanti correnti della psicologia, 2- modelli e costrutti che definiscono i processi cognitivi e di personalità, 3- teorie trans-culturali 4- metodologia della ricerca.

Il secondo percorso si dirama in diversi corsi magistrali che integrano le più importanti conoscenze teoriche alle azioni applicative circoscritte alle seguenti materie:

  1. Psicologia dell’educazione (o scolastica) e di comunità
  2. Neuropsicologia
  3. Psicologia clinica
  4. Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
  5. Psicologia sociale e dello sviluppo

 

ESEMPI DI CONTESTI APPLICATIVI

AMBITO CLINICO LEGATO ALL’INDIVIDUO E AI GRUPPI

In questo contesto, lo scopo del miglioramento delle condizioni di salute e di vita dell’utente si realizza mediante la definizione di obiettivi specifici che individuano l’insieme delle competenze applicative dello psicologo clinico e dello psicoterapeuta:

  1. Validità ed attendibilità del processo di assessment: 1)valutazione delle condizioni fisiche e dello stato mentale (esame di realtà, cognitivo, affettivo e relazionale) e della condizione di vita generale dell’utente. 2) Analisi della domanda. 3) Ipotesi diagnostica. 4) diagnosi differenziale. 5) testistica.
  2. Validità ed attendibilità del trattamento.
  3. Monitoraggio del trattamento nel tempo.
  4. Follow-up a conclusione del trattamento
  5. Definizione di una valida ed attendibile documentazione.

Attendibilità e validità si riferiscono ai criteri scientifici a cui è sottoposta qualsiasi attività dello psicologo nella pratica del suo esercizio professionale, così come stabilito dall’art.7 del codice deontologico l.56/89.Gli strumenti principali del processo di valutazione di un utente che arriva a consultazione psicologica a causa di sintomi di disagio, sono il colloquio clinico, i test di valutazione globale o specifica del disagio psicopatologico e/o i test diagnostici. Per il trattamento sono indicati i colloqui di sostegno psicologico (Psicologo), la psicoterapia (Psicoterapeuta), il trattamento congiunto psicoterapico e farmacologico(Psicoterapeuta e Psichiatra) oppure l’invio ad altre figure professionali della presa in carico (sert, servizi sociali, ecc).

La modalità di conduzione o applicazione del colloquio clinico in fase di assessment, dei colloqui di sostegno per lo psicologo o delle sedute di psicoterapia per lo psicoterapeuta, insieme alla scelta di alcuni test, sono influenzati dalla scelta della teoria di riferimento o di un modello o di un paradigma sperimentale di cui il professionista ha precedentemente acquisito idonea formazione e competenza.
Ad esempio uno psicologo o uno psicoterapeuta di orientamento psicodinamico daranno maggiore importanza alla relazione con l’utente analizzando il tranfert e contro-tranfert secondo i principi della psicoanalisi o psicodinamica. L’anamnesi sarà rivolta maggiormente a scoprire il conflitto principale sotteso alla comunicazione con l’utente, piuttosto che considerare i singoli sintomi o la loro dimensione quantitativa secondo il DSM, a vantaggio di una ipotesi diagnostica dimensionale (Kernberg, 1987). L’obiettivo dell’intervento di psicoterapia psicodinamica sarà quello di cercare di modificare terapeuticamente l’organizzazione globale della personalità del paziente che vive un disagio, a beneficio della remissione o riduzione del sintomo.

Allo stesso modo lo psicologo ad approccio sistemico relazionale nel colloquio clinico, oltre all’indagine diagnostica categoriale, darà maggiore risalto alla comunicazione con l’utente cercando di individuare la rete dei legami sociali e familiari entro cui il sintomo, o il disturbo si è manifestato, ad esempio secondo la prospettiva strategico-relazionale di terapia familiare (Jackson, Beavin, Watzlavick, Satir e Weakland, 1959). Dopo avere considerato i fattori sociali di mantenimento del sintomo, l’obiettivo della psicoterapia sistemica relazionale è quella di modificare terapeuticamente la qualità delle relazioni e della comunicazione familiare tra i singoli membri, secondo i principi della cibernetica di primo e di secondo ordine (Von Foester, 1982)

Le stesse distinzioni si possono fare con specialisti che si rifanno ad altre conoscenze psicologiche come ad esempio la prospettiva comportamentale e cognitivo-comportamentale.

 

AMBITO DI PREVENZIONE DEL DISAGIO GIOVANILE

 

La figura dello psicologo dell’educazione e di comunità, a livello formativo, è tra quelle che maggiormente ha acquisito le conoscenze teoriche e pratiche attinenti alla complessa realtà della ricerca applicata nei gruppi sociali. Le modalità applicative delle conoscenze teoriche riguardano essenzialmente la progettazione di azioni di prevenzione o di contrasto ai fenomeni del disagio psicosociale. La conoscenza delle teorie concernenti la costituzione dei gruppi (Lewin, 1948; Sherif e Scherif 1969), l’identità sociale(Turner, 1982) e le principali dinamiche ingroup e outgroup (Tajfel, 1981), così come quella dei fenomeni relazionali specifici di ogni contesto: bullismo (Dan Olweus, 1973), cyber bullismo (Petrone-Troiano, 2008), burn-out (Maslach,1982), mobbing(Leymann, 1984; Ege, 1995 ecc), dipendenze ecc consentono, a livello operativo, di costruire interventi basati su strategie che promuovano il cambiamento rispetto alla situazione critica di partenza.

Fonte: www.alicepasquini.com

Inoltre, la conoscenza dei limiti determinati dalle relazioni asimmetriche dei sistemi a ruoli gerarchici fissi, come la scuola in cui molto spesso la trasmissione dei principi educativi sembra vanificata, nel tempo ha reso possibile la scoperta e l’implementazione di sistemi di apprendimento alternativi, come quello basato sulla peer education e sullo sviluppo delle life skills ((Bandura, 2000; Cristini et al., 2005). Tali strategie costituiscono un valido esempio di modalità applicative di conoscenze teoriche quali: il concetto di “zona di sviluppo prossimaleVygotskij ( 1934), di sviluppo delle “intelligenze multiple” di Gardner (1983), di intelligenza emotiva di Goleman (1995), della percezione di “autoefficacia” di Bandura (1997), di promozione delle “life skills” circoscritte dall’OMS nel 1997.

 

AMBITO DI SOSTEGNO ALL’ ANZIANO

In un’epoca in cui si assiste al massimo innalzamento dell’età di vita individuale e sociale, il tema legato alla al sostegno e riabilitazione degli anziani è senz’altro uno dei più attuali. Lo psicologo fornisce un valido aiuto per arricchire la conoscenza del fenomeno dell’invecchiamento che ancora risente dei limiti dovuti a metodi di indagine che si avvalgono maggiormente di confronti con i dati di altre popolazioni non anziane. Aiuto che si dirige verso la ricerca di base nello studio di definizioni dimensionali più complete e strumenti di  misura idonei e verso i servizi nelle loro diverse configurazioni (geriatria, psichiatria, strutture di riposo, strutture di riabilitazione cognitiva ecc).

 

L’area che per prima ha coinvolto la psicologia nell’approccio all’anziano è stata quella relativa agli aspetti connessi al deterioramento delle funzioni cognitive. Tuttavia per comprendere il fenomeno dell’invecchiamento nella sua globalità e complessità è necessario andare oltre al “deficit model” e considerare anche tutti coloro che vanno incontro ad un cosiddetto “invecchiamento attivo o di successo”. A conferma di tali considerazioni basti ricordare che l’Unione Europea ha proclamato il 2012Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale”. La psicologia infatti non si limita alla misurazione delle prestazioni mentali, ma si occupa della persona in tutte le sue dimensioni emotive, relazionali e sociali compresi gli interventi di tutela e di promozione (per un invecchiamento attivo), in grado di contrastare il rischio di solitudine, in un quadro complessivo di fragilità. I progetti di ricerca applicata si rivolgono agli utenti anziani, care giver, familiari, operatori e altri professionisti della salute in base ai principi della coesione della rete sociale che regolano gli interventi di sostegno alle condizioni di maggiore vulnerabilità.

Altro concetto fondamentale preso in esame dalla psicologia dell’invecchiamento è quello di riserva, (cerebrale e cognitiva) nell’invecchiamento normale e patologico (Chicherio et al., 2012) che si costruisce nell’arco della vita e rende possibile il mantenimento dei processi cognitivi per la conservazione delle competenze di autonomia e degli interessi culturali e sociali prevalenti.

 Il concetto di riserva cerebrale fa riferimento agli studi condotti in ambito delle neuroscienze (Satz,1993)  che hanno scoperto un’alta incidenza di discontinuità temporale tra danno cerebrale esteso e la loro manifestazione clinica e portato a considerare una soglia critica, di tolleranza del nostro cervello verso danni anche estesi, oltre la quale si sviluppano in ogni individuo le manifestazioni cliniche.

Fonte: www.ingelook.com

La riserva cognitiva (Stern, 2002, 2007, 2009) corrisponde a un modello funzionale più attivo che fa riferimento a differenze di natura qualitativa rispetto a come l’individuo gestisce le sue risorse. Il modello approfondisce quali siano i processi cognitivi che permettono agli individui di sostenere il danno cerebrale e di mantenere l’adeguato funzionamento. L’operalizzazione della riserva cognitiva ha reso possibile giustificare le differenze individuali nei pattern di connettività tra le diverse regioni e come queste differenze vengano associate a indicatori della riserva cognitiva (l’istruzione e il quoziente intellettivo, l’occupazione, le attività di tempo libero.

La conoscenza degli studi di neuroscienze sull’invecchiamento facilita la ricerca di interventi o training idonei allo sviluppo, al potenziamento e alla conservazione della riserva cerebrale e cognitiva lungo tutto l’arco della vita.

Il Codice Deontologico

Codice deontologico degli psicologi italiani

 

Capo I – Principi generali

 

Articolo 1 Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.

 

Articolo 2 L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

 

Articolo 3 Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

 

Articolo 4 Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

 

Articolo 5 Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

 

Articolo 6 Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

 

Articolo 7 Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

 

Articolo 8 Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

 

Articolo 9 Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

 

Articolo 10 Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

 

Articolo 11 Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

 

Articolo 12 Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

 

Articolo 13 Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

 

Articolo 14 Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

 

Articolo 15 Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

 

Articolo 16 Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

 

Articolo 17 La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale.Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale.Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

 

Articolo 18 In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

 

Articolo 19 Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

 

Articolo 20 Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

 

Articolo 21 L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.

 

Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza

 

Articolo 22 Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sè o ad altri indebiti vantaggi.

 

Articolo 23 Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.

Articolo 24 Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

 

Articolo 25 Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

 

Articolo 26 Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte.Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.

 

Articolo 27 Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa.Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

 

Articolo 28 Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

 

Articolo 29 Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

 

Articolo 30 Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

 

Articolo 31 Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

 

Articolo 32 Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.

 

Capo III – Rapporti con i colleghi

 

Articolo 33 I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

 

Articolo 34 Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

 

Articolo 35 Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

Articolo 36 Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.

 

Articolo 37 Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.

Articolo 38 Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

 

Capo IV – Rapporti con la società

 

Articolo 39 Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

 

Articolo 40 Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

 

Capo V – Norme di attuazione

 

Articolo 41 È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l'”Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

 

Articolo 42 Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Lo studio Privato

Il mio studio si trova a Cesena in V. R. Guidi n. 90.

Mappa                                             

 

CARATTERISTICHE

Zona:
stadio, la Via R. Guidi è una traversa chiusa sulla V. Emilia Statale opposta alla vetrina d’esposizione del negozio Poltrone e Sofà. La posizione consente il facile raggiungimento dalle zone più lontane, per via della  vicinanza con la rete stradale principale.

Ubicazione:
secondo piano rialzato di una palazzina singola bifamiliare.

Contesto:
la Via R. Guidi è lunga circa 50 m e termina con la proprietà privata del numero civico 90, dove si trova lo studio. Alla destra si trova un ampio  giardino e a sinistra la zona riservata al parcheggio. La posizione a rientro dalla Via Emila dà un senso d’intimità e di riservatezza.

Punti di forza:
privacy; confort; facile accessibilità; parcheggio disponibile e gratuito.

Punti di debolezza:
non accessibile a persone in carrozzina; presenza di 2 rampe di scala da una decina di scalini ognuna.

Esperienze Professionali

ATTUALI 

tipo di azienda o settore attuale:
Libera professione autorizzata

tipo di impiego:
Psicologa clinica e del benessere

tipo di azienda o settore attuale:
 Istruzione

tipo di impiego:
Docente di Sostegno e coordinatrice dell’area dei bisogni educativi speciali presso Liceo “V. Monti” Cesena

ALCUNE PRECEDENTI

periodo:
Febbraio-Maggio 2013

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Mediazione Pacifica dei Conflitti” al Corso di Formazione per Operatori della Sicurezza

periodo:
Febbraio-Maggio 2013

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego :
Formatore in materia di “Mediazione Pacifica dei Conflitti” al Corso di Formazione per Operatori della Sicurezza

periodo:
Ottobre 2012/Aprile 2013

nome datore di lavoro:
Liceo Classico “V. Monti” di Cesena

tipo di azienda o settore:
Istruzione

Evento:
Programmazione e coordinamento del progetto
“Stereotipo, pregiudizio e Cambiamento” 26/04/2013 Coordinamento alla Conferenza finale nell’Aula Magna della Facoltà di Psicologia di Cesena, patrocinata dagli enti interistituzionali dell’Emilia Romagna

periodo:
Dicembre-Febbraio 2012

nome datore di lavoro:
CAT ASCOM SERVIZI SRL FORLI'

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Mediazione Pacifica dei Conflitti”  al Corso di Formazione per Operatori della Sicurezza

periodo:
Settembre 2010

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Comunicazione Efficace” al personale di Euro Terme di Bagno di Romagna

periodo:
Luglio 2010

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Comunicazione Efficace” al personale di Euro Terme di Bagno di Romagna

periodo:
Febbraio-Aprile 2010

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Mediazione Pacifica dei Conflitti” al Corso di Formazione per Operatori della Sicurezza

periodo:
Aprile 2010

nome datore di lavoro:
FIPES Forlimpopoli (FC)

tipo di azienda o settore:
Ente di Formazione

tipo di impiego:
Formatore in materia di “Musicoterapia” al Corso di Formazione per Operatori Sanitari

periodo:
Ottobre 2008

nome datore di lavoro:
USP Ufficio Scolastico Provinciale (FC)

tipo di azienda o settore:
Istruzione

tipo di impiego:
Coodinatore e Facilitatore ai lavori di gruppo al Corso formativo sulle tematiche del “bullismo”, destinato ai collaboratori scolastici della provincia di Forlì-Cesena con la Sociologa Elena Buccoliero

periodo:
2006-2008

nome datore di lavoro:
Scuola Media “Via Pascoli” di Cesena

tipo di azienda o settore:
Istruzione

tipo di impiego:
Coordinatrice del progetto “Sportello Ascolto” per la mediazione dei rapporti con alunni, genitori e personale scolastico, finalizzata alla risoluzione pacifica dei conflitti e all’azione prosociale all’interno del posto di lavoro (D. Lgs 81/08 Mobbing, born-out)

Preso atto dell’Informativa ai sensi degli articoli 23 – 25 – 26 del Decreto Legislativo n. 196 del 30/06/2003

Titoli e specializzazioni

Scientifica presso Liceo Scientifico “A. Righi” di Cesena

Laurea in Chitarra Classica presso Conservatorio Statale di Musica B. Maderna” di Cesena

Laurea Triennale in Scienze del Comportamento e delle Relazioni Sociali presso Università di Bologna

Laurea Magistrale in Psicologia Clinica presso Università di Bologna

Abilitazioni all’insegnamento di Educazione Musicale nelle scuole medie e superiori

Abilitazione all’esercizio della libera professione e iscrizione all’albo professionale degli psicologi dell’Emilia Romagna, presso Università di Trieste

Diploma di Specializzazione in Sostegno Scolastico presso Università di Bologna

Diploma di Specializzazione in Musicoterapia Umanistica Trasformativa (MUT) presso CESFOR (BZ)

Diploma di Specializzazione in Tanatologia presso Università di Napoli

Diploma di Specializzazione in Counseling Relazionale presso AVALON di Pescara

Preso atto dell’Informativa ai sensi degli articoli 23 – 25 – 26 del Decreto Legislativo n. 196 del 30/06/2003