In senso generale, La PSICOLOGIA è la scienza che studia il comportamento umano, le cause e gli scopi che lo determinano, con la finalità di promuovere il miglioramento della qualità della vita. Il termine "psicologia" deriva dal greco psyché (ψυχή)= spirito, anima e da logos (λόγος)] discorso, studio. La parola quindi rimanda allo studio dello spirito o dell'anima che nell’antichità aveva prioritariamente una funzione conoscitiva.
La Cena del Disagio di Paola Magini |
Essa, infatti, prende origine da alcuni importanti filosofi greci come Platone e Aristotele. che avviarono la riflessione su concetti quali “anima”, il “mondo delle idee” e “trasformazione”(potenza-atto). L’uso del termine, introdotto durante il XVI secolo, probabilmente da Filippo Melantone e i suoi discepoli, rimase immutato fino al XVII secolo, quando assunse la nuova connotazione di "scienza della mente". Nonostante i numerosi sforzi di filosofi come Cartesio René Descartes, Thomas Hobbes e John Locke, queste ricerche non diedero ancora vita ad una psicologia intesa come materia scientifica.
SVIPUPPO EVOLUTIVO DEL SIGNIFICATO
L'inizio della storia della psicologia, come disciplina autonoma, viene convenzionalmente fissato nella seconda metà dell'Ottocento, quando l'indagine psicologica si aprì ai metodi delle scienze naturali (Wundt, 1879). Mediante lo studio dell’”esperienza immediata” Wundt ed altri, giunsero ad indagare, col metodo scientifico, i tempi di reazione, l’attenzione e le associazioni mentali. Altro fondamentale contributo fu la concettualizzazione di “psicologia senz’anima” del filosofo Brentano adatta a tracciare un nuovo statuto epistemologico alla questa matertia, azzerando così variabili che ancora non potevano essere misurate e adottando il criterio di “esperienza intenzionale”. Nel 900 si avvia una psicologia intesa come studio scientifico della mente che ha come oggetto conoscitivo il comportamento direttamente osservabile.
COMPORTAMENTO
In sintesi per comportamento oggi si intende l’insieme di tutti i processi mentali operazionalizzabili (consci e inconsci), trai quali:
- Attenzione, Percezione, Memoria, Apprendimento, Motivazione, Pensiero, Decisione, Emozioni, Linguaggio, Comunicazione, personalità e Intelligenza
La cui conoscenza operazionale, in termini di formazione e sviluppo lungo l’arco della vita, permette di:
- Ampliare ed estendere la conoscenza ad altri nuovi fenomeni (comportamenti) legati all’individuo, ai gruppi, alle organizzazioni e alle diverse comunità sociali.
- Differenziare tra comportamenti funzionali e disfunzionali
- Sperimentare ed attuare trattamenti di cura in ambito clinico
- Sperimentare ed attuare progetti e interventi di riduzione del disagio sociale, familiare, scolastico e lavorativo
- Contribuire allo sviluppo sociale, economico e tecnologico
- Migliorare i servizi di sostegno e tutela alla persona e al cittadino.
TEORIA ED APPLICAZIONE, DIFFERENZE
Per rispondere però con precisione alla domanda: “A cosa serve la psicologia?” Innanzitutto bisogna definire quali possono essere gli obiettivi di un determinato intervento psicologico rispetto ad un inquadramento teorico di riferimento.
La formazione accademica in psicologia comprende, infatti, due percorsi. Il primo è definito da un corso triennale di apprendimento più prettamente teorico in cui si acquisiscono le conoscenze delle più importanti teorie psicologiche attraverso cui interpretare i dati che emergono dalle osservazioni naturalistiche o empiriche e quelle basate sulla ricerca scientifica. Le discipline teoriche si dividono in: 1- studio delle più importanti correnti della psicologia, 2- modelli e costrutti che definiscono i processi cognitivi e di personalità, 3- teorie trans-culturali 4- metodologia della ricerca.
Il secondo percorso si dirama in diversi corsi magistrali che integrano le più importanti conoscenze teoriche alle azioni applicative circoscritte alle seguenti materie:
- Psicologia dell’educazione (o scolastica) e di comunità
- Neuropsicologia
- Psicologia clinica
- Psicologia del lavoro e delle organizzazioni
- Psicologia sociale e dello sviluppo
ESEMPI DI CONTESTI APPLICATIVI
AMBITO CLINICO LEGATO ALL’INDIVIDUO E AI GRUPPI
In questo contesto, lo scopo del miglioramento delle condizioni di salute e di vita dell’utente si realizza mediante la definizione di obiettivi specifici che individuano l’insieme delle competenze applicative dello psicologo clinico e dello psicoterapeuta:
- Validità ed attendibilità del processo di assessment: 1)valutazione delle condizioni fisiche e dello stato mentale (esame di realtà, cognitivo, affettivo e relazionale) e della condizione di vita generale dell’utente. 2) Analisi della domanda. 3) Ipotesi diagnostica. 4) diagnosi differenziale. 5) testistica.
- Validità ed attendibilità del trattamento.
- Monitoraggio del trattamento nel tempo.
- Follow-up a conclusione del trattamento
- Definizione di una valida ed attendibile documentazione.
Attendibilità e validità si riferiscono ai criteri scientifici a cui è sottoposta qualsiasi attività dello psicologo nella pratica del suo esercizio professionale, così come stabilito dall’art.7 del codice deontologico l.56/89.Gli strumenti principali del processo di valutazione di un utente che arriva a consultazione psicologica a causa di sintomi di disagio, sono il colloquio clinico, i test di valutazione globale o specifica del disagio psicopatologico e/o i test diagnostici. Per il trattamento sono indicati i colloqui di sostegno psicologico (Psicologo), la psicoterapia (Psicoterapeuta), il trattamento congiunto psicoterapico e farmacologico(Psicoterapeuta e Psichiatra) oppure l’invio ad altre figure professionali della presa in carico (sert, servizi sociali, ecc).
La modalità di conduzione o applicazione del colloquio clinico in fase di assessment, dei colloqui di sostegno per lo psicologo o delle sedute di psicoterapia per lo psicoterapeuta, insieme alla scelta di alcuni test, sono influenzati dalla scelta della teoria di riferimento o di un modello o di un paradigma sperimentale di cui il professionista ha precedentemente acquisito idonea formazione e competenza.
Ad esempio uno psicologo o uno psicoterapeuta di orientamento psicodinamico daranno maggiore importanza alla relazione con l’utente analizzando il tranfert e contro-tranfert secondo i principi della psicoanalisi o psicodinamica. L’anamnesi sarà rivolta maggiormente a scoprire il conflitto principale sotteso alla comunicazione con l’utente, piuttosto che considerare i singoli sintomi o la loro dimensione quantitativa secondo il DSM, a vantaggio di una ipotesi diagnostica dimensionale (Kernberg, 1987). L’obiettivo dell’intervento di psicoterapia psicodinamica sarà quello di cercare di modificare terapeuticamente l’organizzazione globale della personalità del paziente che vive un disagio, a beneficio della remissione o riduzione del sintomo.
Allo stesso modo lo psicologo ad approccio sistemico relazionale nel colloquio clinico, oltre all’indagine diagnostica categoriale, darà maggiore risalto alla comunicazione con l’utente cercando di individuare la rete dei legami sociali e familiari entro cui il sintomo, o il disturbo si è manifestato, ad esempio secondo la prospettiva strategico-relazionale di terapia familiare (Jackson, Beavin, Watzlavick, Satir e Weakland, 1959). Dopo avere considerato i fattori sociali di mantenimento del sintomo, l’obiettivo della psicoterapia sistemica relazionale è quella di modificare terapeuticamente la qualità delle relazioni e della comunicazione familiare tra i singoli membri, secondo i principi della cibernetica di primo e di secondo ordine (Von Foester, 1982)
Le stesse distinzioni si possono fare con specialisti che si rifanno ad altre conoscenze psicologiche come ad esempio la prospettiva comportamentale e cognitivo-comportamentale.
AMBITO DI PREVENZIONE DEL DISAGIO GIOVANILE
La figura dello psicologo dell’educazione e di comunità, a livello formativo, è tra quelle che maggiormente ha acquisito le conoscenze teoriche e pratiche attinenti alla complessa realtà della ricerca applicata nei gruppi sociali. Le modalità applicative delle conoscenze teoriche riguardano essenzialmente la progettazione di azioni di prevenzione o di contrasto ai fenomeni del disagio psicosociale. La conoscenza delle teorie concernenti la costituzione dei gruppi (Lewin, 1948; Sherif e Scherif 1969), l’identità sociale(Turner, 1982) e le principali dinamiche ingroup e outgroup (Tajfel, 1981), così come quella dei fenomeni relazionali specifici di ogni contesto: bullismo (Dan Olweus, 1973), cyber bullismo (Petrone-Troiano, 2008), burn-out (Maslach,1982), mobbing(Leymann, 1984; Ege, 1995 ecc), dipendenze ecc consentono, a livello operativo, di costruire interventi basati su strategie che promuovano il cambiamento rispetto alla situazione critica di partenza.
Fonte: www.alicepasquini.com |
Inoltre, la conoscenza dei limiti determinati dalle relazioni asimmetriche dei sistemi a ruoli gerarchici fissi, come la scuola in cui molto spesso la trasmissione dei principi educativi sembra vanificata, nel tempo ha reso possibile la scoperta e l’implementazione di sistemi di apprendimento alternativi, come quello basato sulla peer education e sullo sviluppo delle life skills ((Bandura, 2000; Cristini et al., 2005). Tali strategie costituiscono un valido esempio di modalità applicative di conoscenze teoriche quali: il concetto di “zona di sviluppo prossimale” Vygotskij ( 1934), di sviluppo delle “intelligenze multiple” di Gardner (1983), di intelligenza emotiva di Goleman (1995), della percezione di “autoefficacia” di Bandura (1997), di promozione delle “life skills” circoscritte dall’OMS nel 1997.
AMBITO DI SOSTEGNO ALL’ ANZIANO
In un’epoca in cui si assiste al massimo innalzamento dell’età di vita individuale e sociale, il tema legato alla al sostegno e riabilitazione degli anziani è senz’altro uno dei più attuali. Lo psicologo fornisce un valido aiuto per arricchire la conoscenza del fenomeno dell’invecchiamento che ancora risente dei limiti dovuti a metodi di indagine che si avvalgono maggiormente di confronti con i dati di altre popolazioni non anziane. Aiuto che si dirige verso la ricerca di base nello studio di definizioni dimensionali più complete e strumenti di misura idonei e verso i servizi nelle loro diverse configurazioni (geriatria, psichiatria, strutture di riposo, strutture di riabilitazione cognitiva ecc).
L’area che per prima ha coinvolto la psicologia nell’approccio all’anziano è stata quella relativa agli aspetti connessi al deterioramento delle funzioni cognitive. Tuttavia per comprendere il fenomeno dell’invecchiamento nella sua globalità e complessità è necessario andare oltre al “deficit model” e considerare anche tutti coloro che vanno incontro ad un cosiddetto “invecchiamento attivo o di successo”. A conferma di tali considerazioni basti ricordare che l’Unione Europea ha proclamato il 2012 “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale”. La psicologia infatti non si limita alla misurazione delle prestazioni mentali, ma si occupa della persona in tutte le sue dimensioni emotive, relazionali e sociali compresi gli interventi di tutela e di promozione (per un invecchiamento attivo), in grado di contrastare il rischio di solitudine, in un quadro complessivo di fragilità. I progetti di ricerca applicata si rivolgono agli utenti anziani, care giver, familiari, operatori e altri professionisti della salute in base ai principi della coesione della rete sociale che regolano gli interventi di sostegno alle condizioni di maggiore vulnerabilità.
Altro concetto fondamentale preso in esame dalla psicologia dell’invecchiamento è quello di riserva, (cerebrale e cognitiva) nell’invecchiamento normale e patologico (Chicherio et al., 2012) che si costruisce nell’arco della vita e rende possibile il mantenimento dei processi cognitivi per la conservazione delle competenze di autonomia e degli interessi culturali e sociali prevalenti.
Il concetto di riserva cerebrale fa riferimento agli studi condotti in ambito delle neuroscienze (Satz,1993) che hanno scoperto un’alta incidenza di discontinuità temporale tra danno cerebrale esteso e la loro manifestazione clinica e portato a considerare una soglia critica, di tolleranza del nostro cervello verso danni anche estesi, oltre la quale si sviluppano in ogni individuo le manifestazioni cliniche.
Fonte: www.ingelook.com |
La riserva cognitiva (Stern, 2002, 2007, 2009) corrisponde a un modello funzionale più attivo che fa riferimento a differenze di natura qualitativa rispetto a come l’individuo gestisce le sue risorse. Il modello approfondisce quali siano i processi cognitivi che permettono agli individui di sostenere il danno cerebrale e di mantenere l’adeguato funzionamento. L’operalizzazione della riserva cognitiva ha reso possibile giustificare le differenze individuali nei pattern di connettività tra le diverse regioni e come queste differenze vengano associate a indicatori della riserva cognitiva (l’istruzione e il quoziente intellettivo, l’occupazione, le attività di tempo libero.
La conoscenza degli studi di neuroscienze sull’invecchiamento facilita la ricerca di interventi o training idonei allo sviluppo, al potenziamento e alla conservazione della riserva cerebrale e cognitiva lungo tutto l’arco della vita.